Cari amici di Cuggiono e Castelletto,

la predicazione tradizionale della Chiesa (oggi largamente caduta in oblio) insisteva un tempo sul tema della brevità della vita, della prossimità della morte, della vanità di tutto ciò che è caduco e passeggero (com’è, di fatto, vita umana). Non so come andassero le cose in passato, ma sicuramente al presente se si vogliono perdere quote di simpatia, un modo sicuro ed infallibile è parlare di questi temi o proporre meditazioni quasi come al cospetto di un teschio, al modo di san Gerolamo e tanti altri antichi asceti.

Ma l’intento di questa saggia predicazione (tutt’ora valida!) non era incutere la paura della morte (anche perchè in genere non ce n’è troppo bisogno), ma piuttosto trasmettere il timore ed il disgusto per una esistenza vissuta da morti, a causa dell’egoismo, dell’indifferenza, della cattiveria; e poi inoltre trasmettere il timore di una vita dominata dall’idea desolante che tutto finisce qui e che la morte sia la fine di tutto, la sconfitta drammatica dell’essere umano, quasi un precipitare nel nulla e nel non senso.

Tutto il nostro essere desidera la vita e nelle fibre più intime di ogni uomo e donna c’è come una supplica inespressa e potente: chi mi darà la vita piena, liberandomi dalle vanità e dalla caducità? Chi mi salverà dal peccato, dal male ingiusto, dall’assurdo senza senso, dalla morte? Il progetto di Dio, che viene nel mondo, si fa uomo e si dona per noi, corrisponde potentemente all’anelito di ogni esistenza umana e di ogni creatura: è la risposta colma di amore, che Dio offre alla tragica e dolente situazione dell’uomo “solo sul cuor della terra”….

Ricordarci della fragilità e finitezza della nostra esistenza è il primo passo per alzare lo sguardo e contemplare l’avvento di Dio che si fa uomo, nella prima venuta, che continua a rendersi presente tra di noi nel suo presente venire nella vita dei credenti, che verrà alla fine, Giudice misericordioso, nell’ultimo giorno della storia.

Allora è bello per noi accogliere l’Avvento come tempo di vita, di consapevolezza, di liberazione e di grande speranza. Viverlo nella vigilanza, pronti al ritorno del Signore, in opere di fede e di bene. Viverlo nella gioia, perché il nostro destino, nel disegno di Dio, è la vita in pienezza, ovvero, la vita in Dio.

Buon cammino!

don Angelo